venerdì 1 luglio 2011

Giradischi TRANSROTOR ZET 1

Buongiorno,

i giradischi tedeschi, soprattutto quelli del marchio in questione, vengono spesso tacciati di essere dei begli esercizi estetici e basta; in realtà, le cose non stanno esattamente così. Sicuramente il gusto estetico teutonico è soddisfatto, posto che l'apparecchio è di notevole fattura e certo non passa inosservato; ma ha anche un funzionamento rassicurante.

Un cordiale saluto
Domenico

Giradischi TRANSROTOR ZET I
Produttore: Transrotor, Germania, www.transrotor.de
Distributore per l’Italia: Hi-Fi United s.r.l., www.hifiunited.it
Costo: 2.990,00 € per lo ZET1; 3.780,00 € per il giradischi e il braccio.












Transrotor ha iniziato la sua attività negli anni 70 ed alcuni modelli, come il Falcon degli anni 80, credo sia ancora nei ricordi di molti audiofili “over fourty”. La produzione di Transrotor ha da sempre fama d’essere sicuramente ben realizzata, ma anche di buon suono. Lo ZET 1 è senz’altro molto curato; si potrà discutere se piaccia o non piaccia, ma rimane un dato di fatto che la finitura dell’oggetto sia tale da non farlo passare inosservato.
Il giradischi si presenta con una base in spesso plexiglass nero e con tutte le altre parti che lo compongono in metallo semilucido, a partire dai tre piedi e relativi sottopunta, sino al motore, al cestello che sostiene la base per il braccio, al supporto del perno, al perno ed al piatto.
Lo ZET 1 non è il “modello di attacco” di Transrotor perché esistono comunque tre modelli più economici, ma è senz’altro uno dei più diffusi perché il suo costo lo rende appetibile ad una vasta schiera di amanti del vinile.
Il giradischi è a telaio rigido, con trazione a cinghia; il motore è collocato nella parte posteriore, opposto al braccio e non appoggia direttamente sulla base di plexiglass, ma è disaccoppiato da otto piedini in gomma che lo isolano dal resto dello chassis.
I piedi sono regolabili con estrema facilità, dall’alto, per poter mettere in bolla perfettamente tutto l’insieme. Sotto le punte ci sono i sottopunta, anch’essi in metallo pieno e con un incavo atto a ricevere la parte terminale del piede.
Il braccio è un Rega derivato (250); non ha la regolazione del peso a molla, ma la regolazione la si fa esclusivamente utilizzando il contrappeso (diverso da quelli originali Rega e simile a quelli utilizzati anche da un altro noto marchio tedesco di giradischi). Il braccio è regolabile in altezza con continuità, senza necessità di utilizzare gli anelli che solitamente sono necessari per la regolazione del VTA dei bracci Rega originali e la regolazione avviene a mezzo di una vita a brugola posta sul retro della basetta per il braccio (la brugola della misura acconcia è fornita da Transrotor). Il braccio è interamente ricablato.
Il perno appare lavorato con tolleranze minime; una volta inserito il giusto quantitativo di lubrificante (pochissimo invero, come indicato nel manuale di istruzioni), si lascia che il perno scenda (con calma) nella sua sede. Una volta che il perno è sceso nella sua sede, si appoggia il pesante piatto in metallo pieno (10 kg) e fatta scivolare la cinghia (a sezione tonda) intorno al capstan del motore ed al piatto, il giradischi è pronto per partire.
Il cambio di velocità avviene spostando la cinghia sul capstan che è doppio. Non è prevista la regolazione fine, posto che un controllo interno stabilizza la velocità di rotazione, ma è tuttavia possibile avere un alimentatore esterno opzionale che provvederà anche al cambio elettronico della velocità.
Il giradischi, che si monta in una quantità di tempo veramente minima (diciamo che in mezz’ora è già in bolla e pronto per la regolazione della testina) mi è stato inizialmente fornito con una testina Goldring Elite, una MC a bassa uscita di costo medio che ho usato per i primi quattro giorni di permanenza del giradischi in casa, giusto per familiarizzare un po’ con il sistema prima di procedere al cambio della testina.
Il suono dello ZET1 insieme con la Goldring (magari più avanti ne parlerò), passando attraverso un pre-fono Lehmann Black Cube, è piuttosto completo. Dinamico senz’altro, con una buona restituzione della scena che appare ampia anche se non molto profonda ed un timbro che non pare privilegiare alcuna porzione della banda audio. Analogo risultato l’ho poi ottenuto con la Ortofon Kontrapunkt B, ma in questo caso la scena si è in qualche modo ampliata in profondità ed anche a livello timbrico ci sono stati dei cambiamenti in meglio.
Tuttavia la maggior parte della prova è stata condotta con la Transfiguration Aria ed il pre-fono American Hybrid Technology.
Anche nell’ascolto con la Transfiguration, la dinamica la fa da padrona; sempre in primo piano, mai neppure per un attimo nascosta. I contrasti dinamici sono tutti cesellati con precisione, anche se quelli a maggiore escursione lo sono di più. La riproposizione è chiara, con un basso presente ma leggermente sfumato nella parte più profonda ed una bella gamma media ricca di contrasti timbrici. Non so se attribuire questa particolarità alla base o al braccio Rega derivato, ma la gamma acuta a volte risulta leggermente predominante, anche se, non essendo aggressiva, la cosa non disturba affatto. E’ solo un carattere timbrico luminoso e nulla più.
Nell’ascoltare Brain Salad Surgery di Emerson Lake & Palmer, il giradischi ha anche evidenziato una eccellente insensibilità ai rientri acustici perché pur avendo un altoparlante a 60 cm di distanza, non si è fatto per nulla spaventare e ha mantenuto il suo aplomb. Comunque buona la restituzione di quel disco, con dei contrasti dinamici sempre tonici e con una buona riproposizione degli strumenti nello spazio. Direi, anzi, che con questo genere la riproposizione è apparsa “eccitante”, con una gran voglia di muovere il piede a tempo di musica.
L’ascolto della Rapsodia su un tema di Paganini, di S. Rachmaninov su DGG, con Tamas Vasàry al pianoforte, ha restituito un suono lucido, con una buona restituzione della scena, un’altrettanto buona restituzione degli archi gravi e soprattutto con un pianoforte dal bel timbro e dalla eccellente presenza. Veloce negli attacchi e giustamente più morbido nei rilasci, così da evitare che i suoni si sommassero ai suoni ed evitando quindi la pur minima possibilità di confusione. Analogo risultato – anche se l’attenzione era un po’ distolta dalla qualità dell’esecuzione – nel Primo concerto per pf e orchestra di Beethoven nell’esecuzione di Arturo Benedetti Michelangeli e del M° Giulini su DGG; anche qui un bellissimo pianoforte, luminoso e l’orchestra schierata dietro, con i tanti piccoli rumori contenuti nella registrazione – è una ripresa di un concerto dal vivo – ben presenti ed integrati nella riproduzione, come ben presenti e anche ben riprodotte certe intemperanze della gamma medio-bassa che però sono presenti nella registrazione.
Potenti le percussioni nel Prologo al Mefistofele di Boito, su Telarc; mentre il coro canta in fortissimo accompagnato dall’orchestra tutta, i colpi di grancassa risultano perentori eppure veloci. Convincente la performance su questo disco dove tutta la riproposizione è luminosa ed estremamente “potente”. Forse qualche cosa si perde nella parte più alta dello spettro, ove il giradischi manifesta la sua appartenenza alla classe “media”, con la perdita di qualche piccola informazione rispetto al riferimento.
L’ascolto di una vecchia hit recensoria come Ecco la Primavera, su Argo, ripropone un suono di trama fine, dove il particolare non resta nascosto e tutte le parti sono perfettamente evidenti, con una marcia in più per i suoni percussivi (molto vero il tamburo che apre proprio la canzona Ecco La Primavera).
Molto interessante la riproduzione dell’organo, con la Toccata e Fuga in Re Min di J.S. Bach su Cristal Clear Rec.; l’eccellente controllo di tutta la parte bassa e medio bassa fa sì che non si perda nessuna nuance del pedale che risulta potente ma assolutamente mai confuso. Le canne piccole sono molto luminose e forse rispetto al riferimento il suono appare meno potente, meno materico, ma sicuramente tutta la partitura è ben intellegibile. Girato il disco, l’altra facciata inizia con la Fanfare for a Common Man di Copland; grande il suono delle percussioni tutte e ben restituita la sezione fiati, posizionata più indietro rispetto alle percussioni.
Insomma, lo ZET 1, che peraltro è piuttosto diffuso in giro per il mondo e credo sia uno dei modelli più veduti da Transrotor (se non il più venduto) si manifesta come un prodotto maturo, sicuramente molto ben costruito e rifinito e per me anche bello (ma si parla di estetica e qui entra in gioco il gusto personale). Ora è disponibile anche un braccio derivato dal vecchio Jelco (un braccio tornato prepotentemente “di moda”, posto che lo si vede ormai in molti cataloghi di produttori di giradischi) ma resta sempre l’opzione di avere il braccio montato sull’esemplare datomi in prova (oppure di avere la basetta forata per il braccio che vorrete usare). Non considererei questo ZET 1 come una base di partenza perché il costo lo pone già nella sfera dell’acquisto meditato, ovvero dell’acquisto che deve durare nel tempo: ma sicuramente è un prodotto che merita attenzione anche perché il costruttore è presente sul mercato da tanti anni, a garantire non solo la costanza nella qualità della produzione, ma anche il servizio post-vendita.






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