giovedì 28 febbraio 2013

Adieu Madame Alain



Voilà une de ces nouvelles qui me donnent beaucoup de douleur.
Marie-Claire Alain est morte. Il me semble impossible qu’elle n’est plus avec nous. Elle était une compagnie fixe depuis mon enfance ; je l’avais retrouvée en concert plusieurs fois et je l’avais connue personnellement en 1981, à Saint-Mâlo où j’étais en vacance et où elle était en train de faire les preuves du concert du soir avec un autre Grand musicien mort en 2012, le trompettiste Maurice André.
Marie Claire Alain avait traversé tout l’art de Jean-Sébastien Bach plusieurs fois. Son interprétation de Bach était une sorte de résumé de l’expérience allemande des interprètes tel que Karl Richter et les nouvelles interprétations des baroqueux qui allaient s’affirmer dans le panorama de la musique d’orgue. Elle était la réconfortante tradition et en même temps elle était une nouvelle légèreté.
Elle était une personne très simple, sympathique ; je me rappelle que je lui parlais et je n’avais pas l’impression de me trouver face à un monument de la musique ; et elle était parmi les plus grands.
Il nous reste la grande quantité d’enregistrements qu’elle nous a heureusement laissé.
Domenico

Ecco una di quelle notizie che mi addolorano molto.
Marie-Claire Alain è morta. Mi sembra impossibile che non ci sia più. Era una delle mie compagnie fin dai tempi dell’infanzia; l’ho ritrovata spesso a concerto e l’avevo conosciuta personalmente nel 1981, à Saint-Malo ove mi trovavo in vacanza e dove lei stava facendo le prove del concerto serale insieme ad un altro Grande musicista morto nel 2012, il trombettista Maurice André.
Marie Claire Alain ha attraversato tutta l’arte di Bach più volte. La sua interpretazione di Bach era una specie di riassunto tra l’esperienza tedesca degli interpreti della scuola cui apparteneva Karl Richter e le nuove interpretazioni dei filologi che si andavano affermando nel panorama della musica per organo. Lei era la confortante tradizione ma nello stesso tempo era la nuova leggerezza.
Era anche una persona molto semplice, simpatica; ricordo che mentre le parlavo, l’impressione non era quella di trovarsi davanti a un monumento della musica: eppure lei era tra i grandi.
Ci resta la grande quantità di registrazione che ci ha fortunatamente lasciato.

Domenico 

domenica 24 febbraio 2013

Wolfgang Sawallisch. Un ricordo


Ieri si è spento il Maestro Wolfgang Sawallisch.

Ottimo direttore, capace di tenere l'orchestra come pochi altri, sempre elegante nel gesto, sempre ottimo nel risultato finale, con concerti che puntualmente a La Scala prevedevano lunghi applausi e urla di "bravo! bravo!". E sempre modesto.

Ricordo un concerto in particolare. Una sera, negli anni 70, con in programma la Dal Nuovo Mondo di Dvoràk e l'Also Sprach Zarathustra di Strauss. Un programma molto popolare, strafamoso, nel quale il Maestro seppe pennellare il colore orchestrale dell'Also Sprach come non ho sentito fare, per esempio, da Maazel. O quella dal Nuovo Mondo in cui nel secondo movimento la musica sembrava sospesa nell'aria e il quarto movimento era impetuoso eppure controllato in maniera minuziosa.

Ma in quegli anni il Maestro era spesso ospite a La Scala: Beethoven, Mozart, i due autori sopra citati, ma alla fine sempre lo stesso risultato eccellente.

Era considerato un minore, come molti consideravano Makerrash (da ascoltare la Terza e la Quarta di Brahms su Telarc per capire cosa sapesse fare Makerrash,come sapesse far suonare l'orchestra in modo quasi "corale", cosicché nessuno strumento risultasse neppure lontamente confuso; e dal vivo questa era la caratteristica che più colpiva), altro direttore morto quasi nel silenzio; peccato che chi li ha ascoltati veramente dal vivo non possa minimamente pensarlo.

Il Maestro Sawallisch non ha registrato tanto; preferiva il pubblico, preferiva il teatro dove preparava tutto minuziosamente, come era evidente per chiunque lo avesse visto sul podio.

E questo altro non è che un ricordo e un ringraziamen to ad uno dei direttori che, tra i "grandi", ho più spesso ascoltato, apprezzandolo sempre più.

Domenico

venerdì 8 febbraio 2013

Audio Note Az Two; a volte le cose buone si dimenticano




Le avevo viste nel negozio Sound Machine, di Stefano Serralunga, a Milano. Usate, vendute a prezzo modico. Riconate di recente. Mi avevano sempre incuriosito. Tanti anni fa, quasi venti, avevo avuto in casa le AN-E, sempre di Audio Note, ma con i Burmester che avevo allora il suono non mi soddisfaceva fino in fondo. Nel frattempo molte cose sono cambiate nel mio impianto domestico (come peraltro è cambiato il suono Burmester odierno rispetto a quello dei finali 878 e del pre 897 che avevo allora, ma questo c’entra poco con le Az Two) e più andavo da Stefano, più mi veniva voglia di mettere mano al conto corrente. La cifra richiesta era un terzo del prezzo di listino attuale e ora della fine, guarda oggi, guarda domani, le ho comprate e le ho issate sino in casa. 
Collegate, mi sono trovato davanti ad una bella porzione del suono AN che conosco, un bel suono chiaro, con una facilità di emissione notevole; ma forse non le avevo “esplorate” a sufficienza e dopo qualche mese, causa anche un sovraffollamento di casse acustiche in giro per casa che mi impedivano una regolare convivenza con la mia Signora moglie e perché erano le più voluminose che avevo, ho pensato di disfarmene, vendendole ad un amico che le avrebbe date a suo fratello per ascoltare un genere di musica definito “tùnz-tùnz-tùnz”, quindi musiche da ballo o giù di lì (che sono poi quelle che io ascolto in auto, visto che sono un fedelissimo di Disco Radio). Poi, recentemente, il fratello dell’amico ha cambiato casa e le casse sono tornate libere e le ho ricomprate. In realtà, subito dopo averle vendute mi ero reso conto che erano entrare sottopelle e che ne avrei sentito la mancanza.
Comunque ora sono tornate a casa e sono collegate all’impianto.
La finitura è proprio economica ed anzi nella versione Cherry è anche piuttosto bruttarella anzichenò. Gli altoparlanti sono il consueto woofer in cellulosa tipico delle produzioni di Audio Note (è lo stesso montato sulla versione entry level della AN-E) da 8 pollici e un tweeter a cupola da 1,8 cm di diametro montato sotto il woofer. Il carico del basso è a tromba, come ci dice il produttore. Praticamente, guardando dalla grande porta posteriore, non si vedono gli altoparlanti che sono celati da un pannello che scende verso il basso della cassa, dove c’è una feritoia dalla quale le frequenze basse passano all’altra porzione di cassa acustica per poi uscire dalla porta posteriore. L’interno della cassa e tutto ricoperto di materiale smorzante. La morsettiera è predisposta per il bi-wiring. Alte 90 cm, sono dotate di punte da serrare.


Che dire? Che sono casse timbricamente sane, ben estese in frequenza, ma che soprattutto suonano con grande facilità. Quest’ultima è la caratteristica più evidente; uno ascolta e non si chiede se la dinamica ci sia o meno. Tutto fila via liscio, anche i contrasti più ampi (ovviamente riferito ad un ascolto in ambiente domestico; se avete una piazza d’armi rivolgetevi ai veri grandi sistemi a tromba, che quando ben posizionati e ben alimentati, non li batte nessuno) sono restituiti con facilità.
Le voci sono molto belle e comunicano un senso di verità che a questo prezzo uno non si aspetta proprio. Facili da pilotare anche perché piuttosto efficienti (93 db, secondo il produttore) non disdegnano l’amplificazione potente, ma lavorano bene anche con ampli di non esorbitante potenza. Le ricordo, ascoltate anni fa, amplificate con l’OTO SE di Audio Note, altro apparecchietto che terrei in casa molto volentieri (è forse l’Audio Note che prediligo). E sono corrette al punto che si sentono anche tanti piccoli particolari che spesso, con altre casse meno “libere”, restano un po’ costretti.
Valvole. Si, certo, nascono per andare con le valvole, ma non disdegnano anche amplificazioni a stato solido, purché non troppo spinte in alto e reggono tranquillamente massicce dosi di potenza, restituendo orchestre sinfoniche sufficientemente credibili, portando ad una rapida crisi gli ambienti meno curati.
Le ho amplificate con il duo Spectral (DMC12 e DMA50), con il duo Olimpia Audio Guglielmo II/Wyred 4 Sound ST 250 e devo dire che le preferisco con il secondo (così come mescolando le amplificazioni, preferisco il pre Olimpia Audio con il DMA50 piuttosto che il DMC12 con il Wyred 4 Sound). La pienezza del suono del preamplificatore Olimpia Audio dà maggior soddisfazione finale; diciamo che avvicina di più ad un suono “vero”.
Quanto al posizionamento, in casa mia, messe in angolo e orientate come dice AN il suono è un po’ gonfio sul basso; fermo ma gonfio. Preferisco una moderata e non troppo accentuata distanza dalla parete posteriore. E anche per l’orientamento, piuttosto che puntare davanti al punto d’ascolto, preferisco tenerle quasi parallele perché la scena sembra più alta e non si perde in focalizzazione di voci e strumenti.
Bi-wiring? Preferisco il mono-wiring; il bi ammorbidisce il suono. Se piace …
Comunicative. Questo l’aggettivo che mi viene costantemente in mente quando le ascolto. In una formale correttezza passa tanto del pathos della registrazione, rendendo godibile la riproduzione; e questo anche ai volumi infimi che si devono tenere dopo certi orari. Questi sono i diffusori passati per casa che meno di tutti sembrano nascondere anche a volumi bassissimi, da ascolto notturno.
Perché questo scritto e perché sul blog? Semplice: sul blog perché le casse acustiche sono mie personali e questo scritto perché ci sono apparecchi che non sono considerati e invece dovrebbero esserlo. Il che non vuol dire che tutti debbano avere le Az Two in casa perché ognuno resta libero di scegliere quel che gli pare; ma se c’è in casa un buon ampli (penso agli NVA, ai piccoli nostrani Syntesis, per fare degli esempi) non troppo potente, le Az Two possono essere papabili. Peraltro le si trovano, non senza qualche difficoltà, usate a prezzo basso. Quello di listino è un po’ alto se si considera la finitura (siamo sui 1700 € la coppia di street price, forse qualcosa meno), soprattutto la Cherry, perché la Black e la Noce danno un effetto di “meglio rifinito”, ma che alla fine dei conti, considerando il risultato, pare anche giustificato.
Insomma, un piccolo tributo ad un prodotto che mi soddisfa e che alla faccia di chi propala che AN debba andare solo con AN, io uso con un bel finale in classe D, vivendo felice e soddisfatto.
Saluti a tutti

Domenico