lunedì 25 luglio 2011

Come si forma il prezzo di un prodotto

Leggo sul forum di Videohifi un thread aperto da una persona celata dietro ad un nick, col titolo che abbiamo messo in oggetto.

Lo riproduco quasi integralmente, togliendo riferimenti a fatti o persone, che tanto sono superflui, nel contesto:



"Sappiamo tutti, e non c'è bisogno di sottolinearlo, che non esiste alcun rapporto diretto tra i costi dei materiali e delle lavorazioni e quelli del prodotto finale, in Elettronica e, soprattutto, in Hi-Fi.
Solo come esempio: tra i costi di componentistica del lettore walkman più economico e quelli del lettore CD più costoso ci può essere una differenza di 200 Euro al massimo, mentre i prezzi di vendita variano dai 40 ai 20.000 Euro.
Per i diffusori il discorso è complicato dal costo degli imballi e delle spedizioni, che a volte possono esser simili a quelli di un trasduttore.
In tutti i casi il costo della progettazione va suddiviso per il numero di unità effettivamente producibili e vendibili, che è ovviamente diverso se parliamo di due diffusori da oltre ventimila Euro o di due cassettine da pub, in plastica stampata, da 100 Euro la coppia, prodotte in migliaia di esemplari.
Fin qui abbiamo esaminato i costi "per pezzo".
MA I COSTI PIU' IMPORTANTI E VARIABILI, da Azienda ad Azienda, a parità di categoria di prodotto e di numero di pezzi venduti, SONO QUELLI DI PROMOZIONE E DI DISTRIBUZIONE.
Un progettista, come XXX, può presenziare a qualche mostra, a volte ospite di amici e contare sul passa-parola, per cui i suoi prodotti avranno un costo minore, appunto perché mancano gli investimenti in copertine di riviste e pubblicità varia. Però gli esemplari venduti potranno essere pochi, per cui il costo di progettazione finirà per incidere di più.
Un'altra Azienda potrebbe decidere di investire poco o nulla in progettazione, ma potrebbe stipulare cospicui contratti pubblicitari con due o tre delle riviste più vendute, ottenendo la copertina da ciascuna. Si tratterebbe di pubblicità tabellare, manifesta ed individuabile, per cui lecita. Venderebbe molti pezzi in più, ed i costi (anche quelli pubblicitari) si spalmerebbero su più esemplari. Non è un caso che questa sia la via più seguita.
Esistono altri percorsi possibili, alcuni conformi alle normative vigenti ed altri no, ma questo post è lungo abbastanza."



Evidentemente, il post è stato scritto da una persona che non conosce la gestione di un'azienda, di qualsiasi genere essa sia.

Vogliamo valutarlo con attenzione?
La prima affermazione quantifica i costi di produzione ed è palesemente errata. Come si fa a parlare di 200 euro quando la sola meccanica, se di qualità, può arrivare a costare quasi 5.000 euro al produttore, come nel caso della Teac VRDS Neo?

Inoltre tutti sappiamo - o dovremmo sapere - che i costi dei materiali impiegati per la fabbricazione di qualsiasi prodotto, quelli che sono vanno a formare la "distinta base", concorrono solo in minima parte alla determinazione del prezzo di un bene.

Ci sono svariate voci che vanno imputate al costo di un prodotto, prima di poterlo stabilire con esattezza e molti di noi le "dimenticano" per cattiva volontà o, semplicemente, per ignoranza.
L'elenco che segue non vuole essere eccessivamente dettagliato ma pone una serie di parametri, in modo da poter formare un giudizio più preciso.

Spese di costituzione e di funzionamento dell'azienda, che comprendono gli investimenti per immobili (di proprietà o in locazione), macchinari, costi del personale, assicurazioni, imposte e tasse, luce e gas, telefoni, prestazioni professionali di consulenti fiscali e legali, trasporti, provvigioni ad agenti di vendita, ammortamento magazzino e scorte per ricambi, assistenze contrattuali per software e macchinari, spese bancarie, perdite su crediti, ecc ..., vanno a costituire un insieme di costi che decisamente incide in maniera cospicua sul costo di un bene.
I costi di progettazione sono invece difficilmente quantificabili. Se l'azienda è costituita da un artigiano che fa tutto in proprio, si tratta delle spese sostenute per creare un apparecchio ed eventualmente modificarlo nel tempo. Se l'azienda ha uno staff di 5 ingegneri, avrà costi superiori.

Poi c'è la catena distributiva, che gonfia esponenzialmente il prezzo all'utente finale.
Se un bene può uscire dall'azienda produttrice ad un prezzo, un distributore-grossista dovrà ricaricare una certa percentuale, per ammortizzare gli stessi costi (tranne quello della distinta base) del produttore ed assicurare un ricarico utile a mantenere l'obiettivo dell'imprenditore. Dal distributore, il bene finirà nelle mani del negoziante, che a sua volta dovrà ricavare quanto basta a coprire le stesse spese del grossista, anche se ridotte, più il suo guadagno.

Le spese di pubblicità incidono in maniera molto relativa rispetto a tutto ciò e la pubblicità sulle riviste può incidere in maniera marginale rispetto a quella per noleggio degli spazi in manifestazioni quali il Top Audio od il Monaco Hi-End, per esempio. Per partecipare alla manifestazione tedesca potete spendere da 4.500 euro, fino a 15-20.000, a seconda dello spazio che vorrete utilizzare.

I costi dei quali abbiamo parlato, saranno poi da ripartire sul numero degli apparecchi prodotti. Se aveste una pallida idea dei "numeri" realizzati dai più importanti costruttori di apparecchi "hi-end", vi rendereste conto che l'incidenza è davvero elevata, a fronte di produzioni di poche decine (o al massimo centinaia) di apparecchi venduti annualmente.

Ultimo ma non ultimo in ordine d'importanza, fattore di formazione del costo, l'IVA, imposta che incide per il 20% sul prezzo al consumo e che va in tasca allo Stato.

Con ciò non si vuole giustificare un mercato "drogato" da troppi marchi per pochi consumatori, con l'ovvio risultato di dover "spalmare" costi alti su un numero troppo ridotto di apparecchi prodotti. Il problema risiede proprio nell'atipicità di questo mercato, che non beneficia di una concorrenza "perfetta".
Se vendo una noce al mercato, dovrò fare i conti col banchetto vicino. Non posso, con la scusa di una poco quantificabile "qualità", chiedere il doppio. Nessuno me la comprerebbe, che sempre di una noce si tratta.
Il mercato dell'alta fedeltà vive soprattutto d'innamoramenti, di giudizi non fondati su dati oggettivi. Non ha senso pesare due amplificatori e decidere che debbano costare uguale perchè pesano uguale. Ci sono infinite variabili, tra le quali pesa la poca obiettività, che prelude ad una scelta quasi sempre irrazionale.
Chi di voi può affermare che sia razionale spendere 20.000 euro per un lettore CD, per esempio?

E' per questi motivi che mi rifiuto di parlare di rapporto qualità/prezzo in hi-fi ma piuttosto di rapporto costo/beneficio. Perchè quest'ultimo è soggettivo tanto quanto la scelta di un apparecchio, piuttosto che un altro.

Uno di questi giorni parleremo anche dei ricavi, che fanno storia a sè ...


4 commenti:

  1. Mah, operatori dle settore mi dicono che il puro costo di un prodotto hi end è un quinto del prezzo di listino. Altri mi dicono che l'export price dall'america è la metà del loro prezzo di vendita. Consideriamo poi che distributori milanesi vendono direttamente o tramite sedicenti liberi battitori, e che altri applicano prezzi di listino gonfiati per permettere al negoziante di fare larghi sconti, ecc...

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  2. Il vero problema è e sarà sempre più economico. La recessione è in atto da tempo mascherata dalle imponenti siringate di prestiti a tassi bassi e senza valide garanzie, che poi sono stati rivenduti ad ignari operatori o risprmiatori. Nel mondo finanziario il termine tecnico è merda. Le banche sono piene di merda inesigibile! Il sistema sta operando in modo da rifinanaziare queste belle banche piene di merda dal popolo dei cittadini sottomessi a iniqui regimi impositivo.

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  3. Rapporto costo/beneficio. Allora, un iMac o un plasma 42' costano circa 1.200€ e mi danno un grande beneficio. Per avere lo stesso rapporto c/b in hi end dovrei spendere 5.000€ al pezzo. Dato che sono minimo tre pezzi fa 15.000€! Capito mi hai?

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