E' l'espressione usata da Fabio, musicista iscritto al forum di Videohifi, col quale stavo scambiando qualche opinione circa i concerti dei Pink Floyd e dei loro ex elementi.
Si parlava di Guy Pratt, bassista che fa parte dei Pink Floyd da quando Roger Waters se n'è andato e che vanta nel suo, appunto, curriculum, collaborazioni con artisti del calibro di Robert Palmer, Bryan Ferry, Madonna, Michel Jackson, Tom Jones, Elton John, Gary Moore, ecc.
E' curioso come i "turnisti" (così si chiamano i musicisti che non fanno parte in pianta stabile di un gruppo ma suonano per chi li convoca, siano spesso snobbati o perlomeno sminuiti, persino dagli addetti ai lavori, dei quali Fabio fa parte, se ho ben capito.
Io non metto in dubbio che il bassista ideale per i Floyd fosse Waters, ci mancherebbe altro! Non solo era il bassista del gruppo ma ha composto la maggior parte dei brani e quindi so bene quanto il suo ruolo fosse indispensabile ma se non c'è più, bisogna farsene una ragione e sostituirlo.
Di casi analoghi a questo è piena la storia della musica e credo sia interessante soffermarsi sulla questione dei musicisti che costituiscono l'ossatura di un gruppo ed i turnisti chiamati a sostituirli ma anche della sorte dei primi che continueranno a lavorare altrove. Anzi, vi parlerò proprio di questi ultimi, per evidenziare alcuni casi interessanti. Dovrò fare nomi e cognomi, non si offendano i fans dei citati.
Mi soffermerò sui batteristi, che sono quelli che conosco un po' meglio.
Stewart Copeland: batterista dotato di ottima tecnica, che ha pesantemente contribuito all'originalità della musica dei Police. Dopo i Police? Il buio. Copeland suona ancora adesso e suona bene ma i grossi gruppi in giro per il mondo non litigano per accaparrarselo.
Nick Mason, Pink Floyd: preciso ma tecnicamente poco dotato. Fa ciò che è richiesto ma dal vivo si fa "aiutare" da un secondo batterista/percussionista. Non c'è la controprova ma se non suona coi Floyd o incide dischi "solo", chi se lo prende?
Carl Palmer, il famoso batterista del trio con Emerson e Lake. Anche lui, dotato di una tecnica mostruosa ma spesso fine a sè stessa, una volta sciolta la band si è barcamenato senza raggiungere le vette del trio. Suona ancora ma ha dovuto costituire la sua band, che è quasi sconosciuta.
Anche qui non abbiamo la controprova ma mi pare credibile affermare che Keith Moon, il vulcanico batterista degli Who, prematuramente scomparso, fuori dal suo gruppo avrebbe avuto poca fortuna, con molta probabilità, visto che aveva un modo di suonare talmente originale, che non sarebbe andato bene altrove. Eppure, gli Who senza di lui non sono la stessa cosa.
Un bassista, a proposito: Chris Squire degli Yes. E' un leader nel suo gruppo, ha un sound probabilmente unico al mondo, Non si limita ad accompagnare ma suona quasi sempre da solista, pur mantenendo una ritmica fantastica. Ecco, in tutta sincerità, credo che qualsiasi altro gruppo probabilmente non lo reggerebbe 5 minuti, gli toccherebbe mettersi in proprio, se gli Yes si sciogliessero.
Il "turnista", invece, deve avere la caratteristica di adattarsi al sound del gruppo in cui va ad inserirsi. Un giorno suonerà blues, un altro hard rock (esiste ancora o sono irrimediabilmente invecchiato?) o qualsiasi altra cosa gli sia richiesta. E' ovvio che la versatilità possa andare a discapito della specializzazione ma è altrettanto pacifico che, per suonare coi migliori, questi abbiano una preparazione ferrea, che l'offerta di musicisti è smisurata e la richiesta molto scarsa.
Casualmente - e sempre di batteristi vi voglio parlare - i migliori (odio le classifiche ma è tanto per capirci) sono tutti turnisti o magari incidono in proprio, scegliendo turnisti a loro volta per comporre il gruppo. Steve Gadd, Dave Weckl, Manu Katchè, Jeff Hamilton, Vinnie Colaiuta e chi più ne ha, più ne metta.
Ovviamente le eccezioni non mancano ma sempre eccezioni restano, a mio parere.
Ciao sono Fabio. Il discorso "curriculum" non va generalizzato ed ogni musicista fa storia a se.
RispondiEliminaComincio subito con un esempio: Tony Levin. E' un turnista (anche se compone ed è parte attiva dei K.C.) che ammiro moltissimo. Perchè? Semplicemente perchè oltre ad eseguire porta un "plus" che è la sua arte, basta ascoltare il suo fondamentale apporto nella musica di Peter Gabriel.
Non è questione di suonare questo o quel genere ma di capire a fondo la musica dell'artista per il quale deve suonare e far si che le proprie capacità si incontrino con lo spartito principale di questo o quel brano.
Ma Tony Levin non è stato chiamato per sostituire questo o quel bassista anzi è "pianta stabile" dell'entourage di Gabriel dal 1975. Quindi esempio sbagliato. O forse ennesima riprova che non possiamo generalizzare solo analizzare le cose singolarmente specialmente nella musica.
Quindi nel caso "Guy Pratt" ribadisco: ottimo bassista e ottimo curriculum. Ma non barattarmi il curriculum con l'incapacità di interpretare un pezzo (e io contesto, ad esempio nel tour pulse, l'esecuzione di "one of these days" soprattutto nella parte centrale). Piccole cose ma che ci fanno intravvedere quel che succede all'interno del "gruppo" (questo è quel che conta). Gilmour & c. quanta libertà gli avranno dato? Perchè se (sempre parlando di "one of these days") Gilmour ha imposto quel solo Guy non c'entra nulla e ha fatto il suo lavoro, ma se Gilmour & c. si aspettavano un apporto "à la Levin" (ecco perchè l'esempio di prima) direi che il caro Guy è andato un tantino fuori strada, proponendo si un ottimo solo di basso (e il curriculum parla chiaro) ma togliendo l'anima al brano .
La mia "critica" si ferma li per carità anche perchè quel che non mi fa apprezzare "pulse" (ovvero l'ultimo tour dei pink) è l'allontanamento globale dal sound dei "veri" Pink che è più scarno e tagliente, magari un po' sinfonico ma mai così mieloso.
E tanto per fare un altro esempio, i Pink al G8 (quartetto base) mi sono piaciuti proprio perchè si è sentito in lontananza il caro vecchio sound "vero".
E, per finire, il solo Roger Waters con degli ottimi turnisti al Forum di Milano, è riuscito a ricreare . Sicuramente perchè Roger avrà imposto le proprie scelte musicali (quindi esecuzione ligia senza tante possibilità di cambiare le carte intavola) ma avrà anche spiegato il perchè di queste scelte (spesso e volentieri non basta leggere uno spartito ed avere a fianco il musicista che l'ha scritto aiuta moltissimo).
E a riprova della mia tesi invito a riascoltare le differenze fra "another brick in the wall p.2" eseguita in pulse e quella che ascolteremo in "the wall live" . Non cambiano le note magari ma cambia l'intenzione (e ovviamente lo scenario che per comprendere the wall è quasi fondamentale).
Tanti saluti e a presto !
Fabio
Ti ringrazio per l'interessante intervento, Fabio, che condivido per buona parte.
RispondiEliminaCiao
Angelo