La notizia della scomparsa di Gustav Leonhardt mi ha portato a rivivere alcuni momenti del mio passato, quando al cospetto di Leonhardt mi sprofondavo nelle poltroncine dei teatri (sono stato pure seduto a terra, pur di ascoltarlo) e ascoltavo beatamente le gesta del Maestro.
Ieri sera è stata la volta dei Brandenburghesi di Bach, quelli famosi su dischi RCA-Seon e mi è tornata alla mente quella scenetta divertente (per noi che guardavamo, meno per chi stava sul palcoscenico a suonare), quando nell'assolo del clavicembalo del Quinto concerto Alda Stuuropp si alzò per andare a girare lo spartito a Van Asperen e per sbaglio girò due pagine invece che una: Van Asperen se ne accorse, girò furiosamente la pagina indietro, incenerì con lo sguardo la Stuuropp che con mimica da film muto guardò il pubblico portando la mano alla bocca e sorrise, provocando una risata generale. Ma furono dei grandi Brandenburghesi, nuovi nello stile, ascoltati in religioso silenzio nella grande Sala Verdi del Conservatorio di Milano.
Erano i mitici anni 70, quando ogni sera si usciva per teatri, a concerto o a vedere prosa o il teatro di protesta; la Milano della cultura, quella che chiamava Leonhardt, Clemencic, Jacobs, Harnoncourt ecc. ecc. Quando Musica e Poesia in San Maurizio non era solo una rassegna musicale, ma quasi una cerimonia bisettimanale alla quale diventava impossibile non partecipare (si, però quanto erano e sono scomodi quei sedili in legno della cantoria).
Questa sera ho invece estratto dalla discoteca il mio primo vinile, acquistato nel 1969, con la paghetta di un ragazzino allora dodicenne (comprare un vinile allora comportava un certo impegno economico; erano 5000 lire al pezzo).
Gustav Leonhardt che dirige il Leonhardt-Consort in due brani di J.S. Bach: il concerto per due clavicembali BWV 1051 e il Triploconcerto BWV 1044.
Perché scelsi Bach? Semplice: il primo brano che imparai come cantore era il coro d'inizio della terza delle sei cantate dell'Oratorio di Natale, Herrscher des Himmels e da Bach decisi di partire (avete presente la storia di Lorenz e delle taccole? L'imprinting? Ecco, il mio amore per Bach è una sorta di imprinting).
Nella registrazione compaiono nomi che sono poi diventati dei riferimenti come Frans Brueggen, Sigisvald Kuijken, Anthony Woodrow (se guardate, nelle registrazioni del tempo, al violone c'era sempre lui).
Mi sono spesso domandato perché allora, da Buscemi, quando acquistai il disco mi avessero guardato in modo tanto strano. Lo avevo sempre imputato al fatto che un dodicenne che acquista Bach possa far scalpore, ma in realtà penso che fosse per la scelta in sè.
Riascoltando oggi quel disco mi posso (e chiunque potrebbe) ben rendere conto di quanto i primi filologi si distaccassero da quanto li aveva preceduti. Non tanto nel Triploconcerto che tutto sommato ha un andamento ritmico abbastanza "accademico", a parte le sonorità degli strumenti antichi (il flauto traverso in legno suona notevolmente meno forte di quello in metallo ed ha un suono più "sordo", ad esempio; come anche più leggero è il suono del clavicembalo antico, rispetto a quelli di produzione moderna), ma nel concerto per due clavicembali ove a parte il ritmo "forsennato" tenuto da Leonhardt & C., è proprio la sonorità un po' grezza che ancora oggi colpisce.
Però è un bel riascolto perché si vive un'epoca in cui c'era un grande fermento intorno alla musica barocca, un'epoca che in realtà la musica barocca l'ha riportata in auge, portandola anche ad un pubblico più vasto (cosa che oggi non accade assolutamente, visto che le stars del barocco hanno i loro templi e performano poco rispetto ai colleghi dei tempi andati - a parte la mancanza di soldi degli enti, che anche questo ha la sua buona parte).
Bei tempi, mi verrebbe da dire, quando un altro clavicembalista, Kenneth Gilbert andava a suonare al "popolare" Angelicum anche per due lire, solo perché quando era giovane l'Angelicum gli aveva dato la possibilità di suonare e di farsi conoscere, cosa di cui fu sempre grato (e noi pure, visto che pure Gilbert non era uno sprovveduto).
Per chi fosse interessato la registrazione è una Telefunken (Das Alte Werk) del 1969 ed il numero era SAWT 9552-B.
Vinili Telefunken con le registrazioni dei vari concerti diretti da Leonhardt si trovano con relativa facilità. Se non ne fate un discorso di audio puro, che in questo caso non c'entra molto, visto che non si parla di suono, ma di stile, di musica tout-court (vorrei scrivere Cultura, ma non vorrei apparire spocchioso), cercate i volumi più vecchi per capire cosa già a fine anni 60 avessero fatto i filologi capeggiati da Leonhardt e dal suo amico Harnoncourt.
Non so come categorizzare questo messaggio: mi verrebbe da dire "I remember yesterday". Ma sarebbe come citare Donna Summer in un post su Bach; e le due cose non quagliano granché.
Un saluto a tutti
Domenico
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