Buona giornata
Domenico
Amplificatore integrato
Brinkmann Vollverstärker
Prezzo di listino 6.120,00 €
Brinkmann, nell’immaginario collettivo, è sinonimo di giradischi analogici. Tuttavia, non da oggi, Brinkmann è anche elettroniche piuttosto ben considerate ed anche sistemi di altoparlanti altrettanto ben noti. Se leggete il mio reportage dal Monaco hi-end del 2008 su Videohifi.com potrete rilevare che una delle poche sale segnalate in quell’occasione, fu proprio quella di Brinkmann.
Il piccolo Vollverstaerker è in produzione da tempo e non è una novità per il mercato. In precedenza, l’apparecchio poteva essere dotato di un DAC integrato, ma questa opzione non viene più offerta, mentre resta la possibilità di avere la scheda phono cui un’azienda tanto considerata in ambito vinile come Brinkmann certo non può rinunciare. L’apparecchio poggia su tre punti; due punte coniche posteriormente ed il trasformatore toroidale sulla parte anteriore; Brinkmann produce anche delle basi in marmo che vengono consigliate con la maggior parte dei propri apparecchi, ma non per questo amplificatore che, a dire di Brinkmann, è già studiato per dare il meglio di sé senza interporre alcunché tra amplificatore e piano d’appoggio. In effetti ho provato con alcune opzioni disponibili in casa (marmo, basette Clearlight, le Gingko Mini Clouds, i Coral Lifter di Copulare, i supporti in schiuma sintetica di Phio Audio, gli Art Q-Damper Limited Edition e altri) e non mi è parso di notare cambiamenti significativi. Sul pannello anteriore sono presenti il selettore degli ingressi ed il controllo del volume che è motorizzato e può essere gestito dal comodo e semplicissimo telecomando in dotazione all’apparecchio, oltre al pulsante di accensione ed all’ormai rara presa per la cuffia. Sul retro le prese per gli ingressi ed i comodi connettori per gli altoparlanti.
A proposito del circuito di amplificazione per la cuffia, l’amplificazione dedicata interna all’apparecchio ha dato apprezzabili risultati in unione alla Jecklyn Float mod. One; ottima la resa timbrica, eccellente la dinamica, con un risultato che non si discosta da quello che è poi il carattere di questo amplificatore.
L’unica nota di “demerito”, se così vogliamo definirla, è la presa IEC che è posta dietro il trasformatore. Se si usano cavi terminati con connettori tipo i Furutech, l’apparecchio resta in bilico sul trasformatore ed il cavo, impedendo che le due punte posteriori tocchino il piano d’appoggio. Quindi, la prova è stata fatta con l’unico cavo con IEC normale che avevo, ovvero il cavo in dotazione all’apparecchio.
La circuitazione di questo amplificatore prevede una parte pramplificatrice passiva. Nel materiale pubblicitario che mi è stato fornito, si parla di una amplificazione con circuitazione “abbreviata”, così da avere il minor numero di passaggi del segnale che giunge ai morsetti d’uscita.
Il coperchio trasparente dato in dotazione aumenta il fascino dell’apparecchio, tanto che vien voglia di lasciare l’amplificatore sul piano più alto del mobile porta elettroniche, così da vederne anche l’interno.
L’impianto utilizzato per la prova è il solito composto da giradischi Bauer DPS 2 con braccio Mørch DP6 e testine Ortofon Kontrapunkt B su canna Red e Kuzma KC3 su canna Blue, pre-fono American Hybrid Technology –P Non Signature, lettore cd Naim CD5i, preamplificatore Olimpia Audio Guglielmo II, amplificatore finale Spectral DMA100S2, altoparlanti Magneplanar 1.6QR (con le consuete comprimarie Tannoy D100), cavi LFD, NBS serie Omega, Black Noise, Ecosse e altri.
Che dire di un apparecchio così elegante, ma così piccolo? Il primo dubbio era che non ce la facesse a pilotare le Magneplanar; in un ambiente come il mio, sufficientemente grande, avrebbe anche potuto accadere, visto che i 100 watt per canale (su 4 ohm; la potenza dichiarata su 8 ohm vale 70 W per canale) dell’amplificatore sono il limite minimo sotto il quale non andrei se dovessi scegliere un apparecchio per mio uso personale. Invece no; il Brinkmann si è rivelato sufficiente ma soprattutto quello che sorprende maggiormente è che la potenza viene erogata con una gradualità costante, senza scalini, con grande naturalezza (un po’ come un’auto di grossa cilindrata che anche con la quinta inserita ed a basso numero di giri, riprende con costanza, rapidità, fluidità). Arrivati in zona pericolo, l’amplificatore avverte con un restringimento del fronte stereo, mentre non si rilevano particolari costrizioni della risposta, soprattutto in gamma bassa.
Il timbro è aperto, ma non è brillante; la differenziazione della restituzione da disco a disco è piuttosto evidente. Inutile stare a fare distinguo tra le varie gamme di frequenze perché non ce n’è una che sia posta in avanti o indietro; l’apparecchio appare piuttosto lineare.
L’immagine è molto, molto ben delineata; ogni strumento ha una sua posizione e non ci sono “spazi vuoti” tra i diffusori; ed anche la scena risulta alta e profonda.
La dinamica è eccellente sino a dove l’ampli riesce ad arrivare (e con le Tannoy D100 è arrivato particolarmente in alto, con volumi difficilmente praticabili a lungo in un contesto condominiale).
L’ascolto del vinile Philips ad incisione diretta con Art Blakey and the Jazz Messengers a titolo “A night in Tunisia” evidenzia senz’altro come la ripresa troppo ravvicinata dei piatti della batteria li porti troppo in primo piano e come in realtà siano leggermente fastidiosi perché innaturali. E’ evidente che sono stati ripresi in modo diverso rispetto al resto della batteria perché è altresì evidente come siano portati troppo avanti anche quando a suonare è la sola batteria. Devo dire che il difetto della ripresa è talmente evidente che mi pare già costituire una eccellente base di partenza, perché questo significa che l’amplificatore media poco o nulla il risultato finale. Per il resto, nulla da dire: eccellente collocazione degli strumenti nello spazio, batteria giustamente un po’ indietro, fiati molto naturali, nessun cedimento dinamico sino a che l’energia richiesta non è eccessiva (non dalla registrazione; da me, che “allegramente” stavo provando a far divertire tutti i condomini).
Ottima, veramente convincente, la riproduzione del CD Decca, serie Legend, contenente l’Also sprach Zarathustra sotto la direzione di Herbert von Karajan; malgrado l’età del master (anno 1959) l’orchestra si dispiega correttamente dietro gli altoparlanti. La dinamica è restituita con la gradualità e continuità di cui ho accennato prima, quanto ho equiparato l’ampli ad un’auto di grossa cilindrata. Gli strumenti hanno tutti un suono molto vero e anche qui (come sul vinile; è un problema di registrazione) si ritrova un comportamento diverso nella prima parte della composizione e nella seconda, ove nella prima v’è una leggera predominanza delle frequenze più profonde, mentre la seconda appare più scintillante. Ogni forma di confusione è assente ed i momenti di massimo contenuto energetico sono restituiti con un senso d’insieme da grande apparecchio.
Il recente utilizzo di un lettore SACD mi ha permesso di ascoltare quello strato nella realizzazione Foné con musiche di Salieri e nel caso specifico La Passione di Gesù Cristo. Notevole la restituzione di questo disco (peraltro ben registrato già “di suo”) con un palcoscenico molto credibile anche in altezza e delle voci molto ben caratterizzate nel timbro ed anche nel posizionamento della scena.
Come detto, il limite del Vollverstärker è solo la potenza, probabile scelta di Brinkmann tenendo presenti i suoi sistemi di altoparlanti che hanno efficienza maggiore di quella delle Magneplanar; tuttavia è anche vero che chi vive in condominio ha dei limiti ed a meno di utilizzare sistemi di altoparlanti ad efficienza troppo bassa, la potenza dovrebbe essere sufficiente. Un passeggiata a casa di un conoscente con diffusori ad efficienza medio/alta mi ha confermato che l’apparecchio suona molto libero e che anche l’accoppiamento con casse acustiche più efficienti è da prendere in considerazione.
Il costo di questo amplificatore può costituire un deterrente per l’acquirente; nell'ideale collettivo, apparecchio piccolo e apparecchio costoso non van molto d'accordo; ma non è questo di certo il caso. Peraltro la sua tenuta nel mercato dell’usato è piuttosto alta e le sue prestazioni soniche, il suo suono (o un “non” suono) che è di grana molto fine, la restituzione della scena che con i dischi meglio registrati è molto ben distribuita davanti all’ascoltatore e soprattutto la mancanza di fatica d’ascolto anche dopo lunghe sessioni d’ascolto a volume alto, paiono giustificare l’alto costo; senza poi considerare che alcuni non vogliono avere a che fare con amplificazioni separate e questo amplificatore potrebbe essere un’ottima soluzione.
Per chi sta pensando ad un apparecchio ricercato dal punta di vista estetico e bensuonante, da utilizzare per lunghe ore d’ascolto senza tanti problemi e penso anche senza una grande smania di cambiare troppo rapidamente, direi che questo Brinkmann è uno dei sicuri contendenti.
Insomma, non è solo bello: va anche molto bene.
Domenico Pizzamiglio
Comprimari nella prova: preamplificatore Lavardin, finale Bryston B2LP, altoparlanti Tannoy D 100 e D500
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