martedì 11 ottobre 2011

Ill sassolino nella scarpa:Stravinskij dirige se stesso

Già, ogni tanto vien voglia di togliersi qualche sassolino dalla scarpa perché dà fastidio e pure molto.

Negli ultimi tempi, in cui l'affermazione dell' "io" pare l'unica condizione per sopravvivere, un'affermazione che passa spesso (la televisione insegna) attraverso l'urlo e l'insulto, si leggono alcune cose che danno molto da pensare. Cose che si riferiscono al solo gusto personale, senza trovare poi un vero e proprio apporto a quel che si dice: ma tant'è, basta dire per essere.

Tra le tante "storielle" che contornano la musica classica, si parla spesso di incapacità dei compositori di dirigere se stessi. Probabilmente è vero che il gesto direttoriale di un von Karajan, o la magniloquenza del gesto di un Celibidache, non sono appannaggio di chiunque: ma è altrettanto vero che il volere del compositore, la lettura della sua composizione da parte di se stesso (ovvero di colui che sa cosa voleva dire nel momento in cui fissava tutte quelle "formichine" sul pentagramma) lo conosce solo il compositore stesso.



Queste osservazioni traggono spunto da affermazioni lette sul web e poi riascoltate dal vivo. Da molte parti si dice che la migliore esecuzione del Sacre du Printemps sia quella di Pierre Boulez licenziata tempo addietro dalla Deutsche Grammophon. Si afferma anche che l'esecuzione di Stravinsij è meno bella di quella di Boulez o di altri.

Posto che le posseggo entrambe, con l'aggiunta di Goossens, Abbado, Bernstein, Tilson-Thomas, Maazel, Dorati (sia Mercury che Decca) ecc., è vero che il Sacre diretto da Stravinskij pare meno "bello", "patinato" rispetto a quanto offerto successivamente: chi più si avvicina alle sonorità di Stravinskij stesso sono Goossens e Abbado. Gli altri tendono ad abbellire, ad approfondire certi aspetti (la tensione, tenuta costante da Dorati nell'esecuzione anni 80 di Decca; la potenza delle percussioni tenuta da Boulez che è anche maniacale nella ricerca di un ideale equilibrio timbrico). Poi, però, quando uno ascolta la versione licenziata su CBS da Stravinskij stesso si pone molte domande: perché quei suoni goffi, a volte sporchi, quasi dissonanti? Perché quei ritmi così "tirati"? Peraltro sono cose facilmente rilevabili, perché la qualità della registrazione CBS non è malaccio (anzi, è ottima per l'epoca).

Già, perché? Perché è quel che lui voleva, quel che lui pensava quando ha scritto, perché lui è l'esempio della vera "rottura" con il passato, quella rottura che insieme con il balletto di Diaghev fece si che la sera di quella famosa prima, la gente ridesse in sala, così come all'esterno del teatro qualcuno avesse azzardato che ci fosse dietro il vero genio.

Sarebbe bello, molto bello che prima di dar fiato alla bocca sulla semplice "sensazione", sull'affermazione del proprio essere, sul puro e semplice gusto personale, si andasse un po' oltre e si cercasse di aprire la mente per comprendere che alcune volte le cose non sono bellissime perché così sono state concepite.

A dire che Stravinskij che dirige se stesso (compreso l'Oiseau de Feu, anche questo sorretto da una registrazione mono di grande qualità; o la Symphonie de Psaumes o altro) E' IL VERO STRAVINSKIJ. Gli altri, sono delle bellissime copie.

Un cordiale saluto
Domenico

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